Ciclo. Storia e cultura dell’ultimo tabù. Un estratto dalla prefazione di Emiliana De Blasio
Sembrerà banale ricordarlo ma l’esperienza delle mestruazioni è l’esperienza di un corpo – e dunque anche di una mente – pertanto è soggetta a tutte le variabili e le esperienze che quel corpo porta con sé; non solo fisiche ma anche affettive e sociali. Per buona parte della scienza medica dominante invece, ancora oggi, queste variabili vengono considerate anomalie, irregolarità, rumore in un preciso e artificiale sistema dell’informazione. Se alcune di noi conoscono molto bene determinate sensazioni eppure faticano ancora a descriverle, la scienza medica dominante per secoli sembra non aver conosciuto se non molto approssimativamente ciò di cui parlava, dimostrando però una sorprendente capacità di descriverlo. Una narrazione scientifica che, se da un lato esalta e descrive con estrema minuzia il complesso funzionamento del corpo umano, dall’altro dimostra un’enorme tendenza all’approssimazione quando si tratta dei corpi femminili. Il che già superficialmente ne tradisce il portato tutt’altro che scientifico, e semmai fortemente culturale. Quello che è degno di nota, e in cui risiede il principale punto di forza di Ciclo, è che Clancy non vuole tanto elencare gli errori della ginecologia, quanto invitarci a osservare da dove originino certe pratiche e certe storie per poterne comprendere le storture intrinseche. Non si tratta tanto degli effetti, come ci ricorda l’autrice, quanto dei processi. Processi che sono al contempo medici, sociali, antropologici e politici, perché come ricorda Clancy fin dalle prime pagine, “Nella scienza e soprattutto nelle strutture mediche, il sapere è potere”, un potere che non norma e regola solo i corpi biologici ma che produce anche “le forze culturali che agiscono sul corpo”. Da qui la necessità dell’approccio femminista usato da Clancy che consiste non solo nell’individuare le strutture di potere e i frame valoriali che regolano la produzione del sapere, ma anche nell’acuta dissezione del linguaggio che viene utilizzato e che ne perpetua.
«Spero che leggiate questo libro dappertutto: nelle biblioteche, sui mezzi pubblici, davanti alle persone care e agli sconosciuti. Spero che la prossima volta che prenderete in mano un tampone o un assorbente sentiate di poterlo portare in bagno anziché infilarvelo in una manica. Spero che la prossima volta che avrete bisogno di comprare prodotti per la gestione delle mestruazioni ne acquistiate un po’ di più per qualcuno a cui servono e pensiate agli effetti che hanno sul suolo che vi circonda. Spero anche che la prossima volta che parlerete con il vostro medico spieghiate chiaramente le vostre priorità e i vostri bisogni. Spero che non permettiate a nessuno, soprattutto ai legislatori e ai datori di lavoro, di dirvi che una cosa che vi succede per un quarto della vita adulta non ha importanza. Spero che partecipiate alla costruzione di un futuro mestruale giusto che pratica la comunità, la responsabilità e lo smantellamento delle strutture d’oppressione».
(Kate Clancy)