Viviamo in un periodo storico in cui ogni traccia lasciata da noi e dai nostri figli viene trasformata in dati. Per la prima volta stiamo creando una generazione “datificata” da prima della nascita. I dati dei nostri bambini vengono aggregati, scambiati, venduti e trasformati in profili digitali, e sempre più utilizzati per giudicarli e decidere aspetti fondamentali della loro vita. A partire dalla sua storia personale, dalla gravidanza alle prime esperienza di genitorialità, Veronica Barassi si è tuffata con gli strumenti dell’antropologa digitale nel mare di dati nostri e dei nostri figli di cui lasciamo traccia ogni giorno online, trovandosi di fronte a una verità tanto semplice quanto inquietante: l’era digitale ci ha catapultati in un mondo nuovo, quello del capitalismo della sorveglianza, che ha completamente riscritto i concetti di libertà, privacy e controllo. C’è un piccolo particolare, nessuno ci ha informati prima.
“Ogni giorno mi trovavo a scrivere davanti al computer, e quando non sopportavo più la solitudine e l’insicurezza tipiche dei primi mesi da neomamma mi incontravo con un gruppo di altri genitori che vivevano nel mio quartiere. Fin da subito ho iniziato a rendermi conto della quantità di dati personali dei bambini prodotti dal momento del loro concepimento, perché i genitori condividevano sui social media non solo i loro istanti di vita quotidiana, ma anche i loro dati personali tramite una spaventosa quantità di tecnologie: dalle app che monitorano la salute e la crescita dei bambini, alle tecnologie smart installate nelle loro case. Tra chiacchiere e fette di torta, mentre osservavo tutti questi genitori, me inclusa, sempre con lo smartphone in mano, ho cominciato a chiedermi cosa stesse succedendo ai dati dei nostri figli. Quanti ne stavamo producendo e di che tipo? Stavamo davvero creando la prima generazione di bambini datificati fin da prima della loro nascita?”