Tutto il mondo della tecnologia viene descritto dalla categoria dell’innovazione. Ma esiste anche un’innovazione di tipo sociale, che oggi tende a sfuggirci di vista, morale ed etico, che accompagna il progresso scientifico e tecnico della nostra società. Innovazione tecnica e cambiamenti socioculturali vanno da sempre di pari passo, e bisogna tenerne conto. Se continueremo a considerare l’innovazione solamente dalla prospettiva tecnologica, rischiamo di non riuscire più a percepirne la portata in termini di trasformazione sociale, risultando incapaci di orientarne gli effetti verso il bene. Per poter parlare di innovazione positivamente e per poterla orientare al bene comune abbiamo bisogno di un approccio e di una prospettiva differenti. Noi e la macchina, il libro di Paolo Benanti e Sebastiano Maffettone, decide di adottare la categoria della sostenibilità digitale. Parlare di sostenibilità digitale significa ribaltare la questione e affrontarla con le categorie dell’etica, non mettere la capacità tecnica al centro dell’attenzione, bensì considerare la persona come fine ultimo (τέλος) che deve orientare il progresso tecnologico.
Dal nostro punto di vista, ciò che occorre è umanizzare la tecnica e non macchinizzare l’uomo. In altre parole, è urgente poter riportare al centro dei processi di decision making non solo le tecniche ma anche tutta una serie di dimensioni antropologiche ed etiche. C’è bisogno di una nuova agorà ove tornare a rendere possibile la convivenza umana in una stagione in cui l’automatizzazione e la decisione algoritmica rischiano di rimpiazzare l’umano e le strutture valoriali della nostra convivenza sociale.
Noi e la macchina, Introduzione