Proponiamo un estratto del volume , Cantiere Terra. Come l’ingegneria climatica può salvare il pianeta. Thomas Kostigen va alla ricerca di chi oggi propone soluzioni innovative di ingegneria climatica: investitori, scienziati, ingegneri e visionari che, tra foreste artificiali che assorbono anidride carbonica dall’atmosfera, terreni smart che programmano le condizioni ideali per lo sviluppo delle coltivazioni e innovativi sistemi di riutilizzo delle acque di scarico, stanno provando concretamente a cambiare le sorti del pianeta.

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C’è il clima peggiore al mondo: venti che superano i 300 chilometri orari e staccano la corteccia degli alberi; temperature che scendono ben al di sotto dello zero; tormente; bufere di neve; nebbia; valanghe; e il ghiaccio che si forma su qualsiasi superficie esistente.Forse pensate che si tratti di una remota località dell’Antartide, o di un luogo al polo opposto, il Polo Nord. Ma il clima peggiore del mondo è solo a poche ore di macchina da Boston, in cima al monte Washington, nel New Hampshire.

I nativi americani sono stati i primi a scoprire la crudeltà di questa montagna, che chiamavano infatti Agiocochook, ovvero “Casa del grande spirito”. Qui è stata costruita la prima stazione meteorologica d’America. E nell’osservatorio sulla vetta del monte è stata registrata la velocità del vento più alta della Terra fino a non molto tempo fa, 370 chilometri orari.

Sono la particolare posizione e le caratteristiche della montagna che danno vita alla sua temibile e impetuosa progenie. Il monte Washington, con i suoi 1917 metri, è la cima più alta del Nord-Est degli Stati Uniti. Essendo la più alta barriera a est del Mississippi, rappresenta un ostacolo per i venti che soffiano verso ovest. La sua vicinanza alla costa, meno di 160 chilometri, la rende soggetta a zone di bassa pressione. E forse la causa più importante è che la catena montuosa in cui si trova è il punto d’incontro delle violente precipitazioni che giungono dall’Atlantico, dalla costa del Golfo e dal Pacifico nordoccidentale.

Anche nelle giornate serene, di pomeriggio sul pendio della montagna la temperatura diventa subito rigida, poiché il ripido fronte occidentale scherma il sole e lascia in ombra le rocce e il ghiaccio. La neve viene spazzata via. I forti venti non consentono ai cristalli di neve di compattarsi e attecchire. Quando sui dirupi rocciosi il cielo è scuro, è un minaccioso segno premonitore di quello che è in agguato: il grande spirito – o qualunque altra cosa sia – della tempesta.

Il tempo più abominevole del mondo, comunque, sta per calare dalla montagna. Sta per espandersi, distruggendo le coste, inondando le pianure, abbattendosi sulle città e lasciando alle sue spalle poco più che terra bruciata. Quasi tutti i giorni i notiziari ci riportano queste immagini drammatiche.

Negli ultimi dieci anni circa, il pianeta è stato investito dalle tempeste e dagli episodi di maltempo più intensi e letali.

Cicloni tropicali come l’uragano Irma hanno battuto i record di velocità nel 2017, l’anno degli eventi atmosferici più distruttivi mai registrati. L’inverno non è stato certo più mite. Di recente, anche l’altezza della neve, il calo delle temperature e le tempeste di ghiaccio hanno raggiunto livelli da record. Nel 2018, a Mosca – Mosca! – c’è stata più neve che mai. E questo la dice lunga. A Nord-Est e sulla costa atlantica degli Stati Uniti hanno coniato dei termini per descrivere il peggioramento delle annuali emergenze legate alla neve: snowmageddon, snowpocalypse, snozilla. La lista di curiosi nomignoli è lunga.

Ogni anno si verificano inondazioni tanto eccezionali da eguagliare la portata di quelle degli ultimi cinquecento anni. E le ondate di caldo e di freddo incidono sulla vita delle persone come non mai. In una sola settimana del luglio 2018 in tutto il mondo si sono registrate le temperature più alte di tutti i tempi.

Da decenni le temperature globali sono mediamente aumentate. Anche i climi estremamente freddi non sono stati risparmiati dal riscaldamento globale: nell’inverno 2017/2018, un colossale fronte freddo ha stretto nella morsa del ghiaccio gran parte degli Stati Uniti e ha portato il gelo artico fino al Sud della Georgia. Solo un paio di anni prima, in Florida, a Miami e a Key West, è stata diramata l’allerta per il gelo.

Le stranezze del clima stanno diventando la nuova normalità. Gli eventi climatici estremi hanno sempre perseguitato il pianeta, ma quelli che viviamo hanno una genesi diversa: sono stati creati dall’uomo.

I cambiamenti climatici hanno reso normale nelle regioni più popolate del mondo un clima che prima esisteva solo in regioni estreme – in luoghi come il monte Washington. L’arma con cui ci colpisce il riscaldamento globale consiste nella maggiore umidità che sale dal terreno e viene rilasciata nell’atmosfera sotto forma di violenti temporali e nevicate. Il contrasto tra temperature più calde e temperature più fredde è più violento e genera intensi tornado, uragani e cicloni tropicali di tutti i tipi. Senza dubbio, i temporali sono generalmente più forti che in passato. Da trent’anni a questa parte, la velocità media dei venti e le precipitazioni sono aumentate del 5 per cento. Questo incremento ha reso i disastri naturali più devastanti e la differenza tra le stagioni più spiccata. Perfino gli oceani non sono in grado di disperdere nell’atmosfera l’aumento delle temperature. I mari più caldi aumentano di volume e l’aumento del loro livello alimenta le mareggiate costiere e le conseguenti bufere.

Sono immagini spaventose da evocare, ma questi sono gli scenari descritti dagli scienziati nel caso in cui l’aumento delle temperature globali continui e rimanga incontrollato: in California, le gigantesche inondazioni formerebbero un lago di 480 chilometri, le Grandi Pianure diventerebbero aride, Miami verrebbe sommersa. Condizioni atmosferiche come quelle in vetta al monte Washington diventerebbero ancora più diffuse. E anche il caldo farebbe le sue vittime: New York sarebbe un affollato ricettacolo di malattie e di morti per ipertermia. Si può immaginare il futuro come la peggiore distopia possibile.

Ma dall’altra parte del mondo, in Svizzera, nel seminterrato di un edificio fatiscente, seminascosta in un angolo buio, si trova la chiave di un’altra realtà, di un altro futuro. L’arma definitiva contro il furore del clima è un sottile raggio di luce rossa.

“È un laser ad alta potenza” spiega Jean-Pierre Wolf mostrandomelo. Uomo di mezza età, di altezza e corporatura media, Wolf non somiglia affatto a un moderno Thor, il dio nordico che aveva il potere di controllare i fulmini con il suo martello. Ma questo fisico svizzero nato in Francia non ha neanche l’aspetto di un topo di laboratorio. Ha un fisico atletico, e gli scarponi, il velluto a coste e la giacca a vento che indossa lo fanno sembrare più un maestro di sci che un professore di scienze. Un fatto sorprendente, perché Wolf ha passato tutta la sua carriera negli ambienti della ricerca, ha ottenuto il dottorato di ricerca in fisica in uno degli istituti di scienze e tecnologia più prestigiosi d’Europa, L’Ecole Polytechnique Fédérale di Losanna, e successivamente ha insegnato presso atenei come Yale e in università francesi e tedesche. Come tutti gli scienziati, ha approfondito per lavoro diversi campi di indagine, tra cui la spettroscopia. L’analisi dell’interazione tra materia e radiazioni elettromagnetiche viene usata in medicina, nell’ingegneria meccanica, in elettronica e… nello studio del clima.

Manipolare il clima è diventata la sua missione in virtù della sua esperienza pratica, non della teoria. Se l’invenzione del laser di Wolf si dimostrerà all’altezza delle aspettative, potrà effettivamente annientare la brutalità del clima e creare un futuro più radioso per tutti noi.

Finora, le sostanze di riferimento per modificare il clima sono stati degli orribili agenti chimici. Per esempio, disperdere ioduro d’argento nelle nubi è una classica procedura per provocare le piogge. Scaricata dagli aerei o sparata attraverso dei razzi, questa sostanza chimica si diffonde tra le nuvole sotto forma di pallettoni e genera dei cristalli di ghiaccio che diventano abbastanza pesanti da cadere verso il basso. A seconda delle temperature a livello del suolo, possono cadere pioggia, ghiaccio, neve o grandine.

Il problema è che questa semina delle nuvole non sempre funziona, e quando funziona i risultati sono piuttosto imprevedibili. Negli anni Cinquanta, un’operazione segreta di semina delle nuvole da parte dell’esercito britannico chiamata Cumulus ha riversato enormi quantità di pioggia sulla campagna inglese, causando allagamenti che hanno ucciso trentacinque persone. Gli Stati Uniti hanno sperimentato la stessa tattica aerea sul sentiero di Ho Chi Minh, durante la guerra del Vietnam, tramite una missione con il nome di progetto Popeye, che aveva lo scopo di prolungare la stagione dei monsoni e causare inondazioni e frane sul territorio nemico. Lo slogan ufficioso della missione era “inondate la terra, non fate la guerra”.

Ma il progetto Popeye ha vissuto alterne fortune e alla fine è stato abbandonato. In tempi più recenti, quando la Cina ha ospitato le Olimpiadi del 2008, si diceva che fosse possibile “ripulire il cielo” sparando nell’atmosfera sovrastante l’area di Pechino più di mille razzi contenenti agenti chimici per la semina delle nuvole allo scopo di causare artificialmente delle piogge. Nonostante si siano create delle condizioni atmosferiche ideali per la cerimonia di apertura, questo rimedio climatico non è mai stato ritenuto scientificamente valido.

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Il laser di Wolf è una tecnica di manipolazione del clima completamente diversa. E ha dato sempre dei risultati positivi, eccezionali in effetti, sia nei test di laboratorio sia nella sperimentazione sul campo. Wolf ha inventato un laser più potente di tutti i reattori nucleari della Terra messi insieme. Può generare i fulmini all’interno di una nuvola, attraversare le molecole d’aria e generare la pioggia, o, al contrario, fare esplodere le molecole d’acqua e disperdere le precipitazioni.Il dispositivo è grande quanto un tavolo da biliardino e viene tranquillamente tenuto in un seminterrato dell’università di Ginevra, dove Wolf insegna fisica.

Non era nelle sue intenzioni inventare un congegno che potesse modificare o controllare il clima. La tesi di dottorato di Wolf era sul laser, ma la tecnologia del laser può essere applicata a contesti di ogni genere, dal telecomando che si usa per cambiare canale televisivo alle applicazioni in campo sanitario, in cui il laser può identificare e distruggere le cellule neoplastiche. Nel 2000, è stato un volo da Ginevra a Roma a definire la direzione di questa ricerca. L’aereo su cui viaggiava Wolf era finito in mezzo a un brutto temporale ed era stato colpito da un serie di fulmini, e questo lo portò a riflettere su come il laser potesse essere usato per deviare i fulmini.

Il laser e i fulmini hanno molto in comune, capì. Entrambi imprimono una direzione all’energia. “Che cosa succederebbe se si potesse usare l’energia di un laser per dare a un fulmine una direzione diversa?” si chiese. Naturalmente, non era la prima volta che qualcuno cercava delle risposte osservando i fulmini. È famoso l’episodio in cui, Benjamin Franklin, nel 1752, fece volare in cielo un aquilone durante un temporale e scoprì che la natura aveva la capacità di convogliare l’elettricità. Il suo esperimento portò a ulteriori ricerche e alla fine anche al modo in cui oggi produciamo e trasmettiamo l’elettricità.

Ma Wolf non intendeva soltanto fermare i fulmini, aveva intenzione di controllarli. Ci sarebbe voluto un po’ per farlo, perché per controllare i fulmini, capì ben presto Wolf, doveva ricrearli. E non è facilissimo. Un singolo fulmine è più caldo della superficie del Sole. La nube temporalesca da cui parte può accumulare l’energia di centinaia di bombe atomiche. Per uguagliare un fenomeno del genere, gli sarebbe servita una quantità pazzesca di corrente che potesse compiere l’intero percorso dalla superficie terrestre alle nubi atmosferiche a chilometri di quota. Se non fosse stato per un evento di un miliardesimo di secondo, il laser di Wolf non sarebbe mai riuscito ad acquisire la potenza necessaria a controllare il fenomeno naturale. Il segreto di Wolf si è rivelato in un battito di ciglia.

Usain Bolt corre più velocemente di qualsiasi altro essere umano sulla Terra, per lo meno in un tempo di dieci secondi. Non può correre la maratona alla stessa velocità. Ma durante uno scatto può coprire una distanza a una notevole velocità.

Wolf ha applicato al laser questo concetto di scatto per raggiungere la potenza che gli serviva per uguagliare quella di un fulmine.

Il suo laser produce un’energia ad altissima potenza in scariche che durano un miliardesimo di secondo. Per farci un’idea, la velocità dell’otturatore di una macchina fotografica è dell’ordine dei millesimi di secondo. Il motivo per cui Wolf ha elaborato queste scariche ad altissima velocità è che consentivano alla potenza del laser di arrivare lontano, spingendosi sempre più in alto fino a raggiungere le nubi, conservando la stessa potenza del primo impulso. Il problema di molti raggi laser è che perdono di potenza man mano che si allontanano dalla fonte di energia.

Nel suo laboratorio Wolf ha dimostrato come funziona il laser puntandolo verso dei piccoli specchi grandi quanto la lente di un paio di occhiali posti sul tavolo. Se lo osserviamo al suo interno, il laser somiglia all’hard disk di un computer senza l’involucro esterno. Wolf descrive con grande entusiasmo il filamento di luce e il diamante magico che porta il laser alla massima potenza. I diamanti sono superconduttori di energia.
Nel film di James Bond Agente 007 – Una cascata di diamanti, l’antagonista, Blofeld, usa i diamanti per creare un’arma laser satellitare.

La trama, ovviamente, è inverosimile, ma la tecnologia non lo è. La struttura cristallina dei diamanti accumula la luce e amplifica notevolmente la sua energia. Wolf sfrutta un complesso sistema di amplificazione per convogliare l’energia solare nel suo raggio laser. Sul tavolo, il laser passa attraverso un labirinto di piccoli specchi prima di raggiungere un diamante. Qui, cambia improvvisamente colore, da rosso a blu. Quando è blu, il laser è al massimo della temperatura, mi spiega Wolf. È a questo punto che è pronto per passare attraverso il cilindro.

Il cilindro porta a una cavità chiusa che è riempita con un fluido che simula la composizione dell’atmosfera. La cavità somiglia a un piccolo acquario. Quando il laser colpisce il suo bersaglio, ovvero il fluido contenuto nella cavità, cominciano a formarsi delle gocce di condensa che si espandono e si contraggono. Le microscopiche goccioline d’acqua si muovono freneticamente, fondendosi tra loro e disaggregandosi, in una danza disordinata ma ipnotica, che ricrea quello che avviene in natura. È così che nasce una nube. Di lì a poco tutta la vasca si riempie di condensa. Cominciano a prendere corpo delle nuvolette che sembrano zucchero filato, ciascuna con una forma tutta sua. Un cigno, magari? Un elefante? Un cavallo selvaggio al galoppo che lascia una scia di batuffoli e sbuffi?

Una nube creata dalla mano dell’uomo potrebbe lasciare piuttosto sbalorditi, ma qui avviene in un freddo laboratorio, in un ambiente controllato.

Per testare il laser nel mondo esterno, Wolf ha costruito una postazione portatile grande quanto un container. Poi ha dovuto confrontarsi con un altro spirito dei Nativi americani sulla cima di un’altra montagna – stavolta nel New Mexico. Wolf ha raggiunto a piedi il South Baldy Peak, la vetta più alta dello stato, e ha sparato il raggio. “Fulmini artificiali. Per la prima volta si ricrea con il laser l’attività elettrica dei temporali” titolava ScienceDaily il giorno dopo.

L’articolo proseguiva, dicendo che “i fulmini sono stati oggetto di ricerca scientifica fin dai tempi di Benjamin Franklin, ma, nonostante questo, rimangono un mistero non completamente risolto. Anche se gli scienziati sono in grado di ricreare i fulmini dagli anni Settanta, sparando nelle nubi temporalesche dei piccoli razzi collegati al suolo con delle bobine di cavo, di solito solo il 50 per cento dei razzi lanciati riesce a scatenare un fulmine. L’uso del laser potrebbe rendere il procedimento più veloce, più efficiente ed economico, e si pensa che potrebbe aprire la strada a moltissime nuove applicazioni”. Non c’è dubbio, l’esperimento di Wolf è stato accolto come un grande successo.

“Sì, ma il nostro obiettivo era creare un’immagine che meritasse di essere incorniciata, in cui si vede il fulmine che parte dalla nube e arriva al suolo” commenta Wolf deluso. Invece, Wolf e la sua équipe hanno prodotto una scarica di fulmini interni alle nubi. Non avrà ottenuto l’immagine che voleva, ma ha sicuramente ottenuto l’effetto desiderato e raggiunto un obiettivo ben più importante: l’uomo può ricreare nell’atmosfera una delle armi più letali che esistono in natura. Il test è avvenuto dieci anni fa e da allora Wolf ha continuato a migliorare la tecnologia.

Il laser può deviare un fulmine che si è già prodotto, allontanandolo da bersagli per i quali costituisce un pericolo, come gli aerei. Può ridistribuire le molecole di aria all’interno di una nube in modo tale da generare una precipitazione. Oppure può, se opportunamente configurato, rompere le molecole di acqua e fare sì che non scendano al suolo. Prevede che in futuro si potranno produrre in serie questi parafulmini, se saranno abbastanza piccoli da poter essere montati su aeroplani, treni, edifici o su qualunque oggetto potenzialmente esposto ai temporali per deviare i fulmini, ma che si potranno produrre anche altre postazioni laser portatili che possano creare o distruggere le nubi.

Quindi, il futuro potrebbe essere più o meno così: dei droni con i parafulmini laser in dotazione che scandagliano i cieli e sparano raggi laser come un squadrone impazzito di R2-D2. Deserti africani che ospitano dei campi rigogliosi, e città piovose come Seattle e Londra che si godono il cielo sereno tutto l’anno. Le condizioni di vita, indipendentemente da quale sia la zona del pianeta in cui si vive, potrebbero giovarsi di climi più temperati. Tutto questo grazie alla scoperta scientifica di Wolf.

Da Cantiere Terra. Come l’ingegneria climatica può salvare il pianeta di Thomas Kostigen. In altro, foto di Sean McAuliffe – Unsplash

Thomas Kostigen

Thomas Kostigen

Thomas M. Kostigen è uno scrittore e giornalista statunitense tra i massimi esperti di ambiente e sviluppo sostenibile. Ha collaborato fra gli altri con National Geographic, Bloomberg News, USA Today e Discover magazine. È autore di numerosi saggi segnalati tra i bestseller del New York Times.