Proponiamo un estratto del volume Internet in ogni cosa di Laura DeNardis, in uscita il 2 settembre. Scritto da una delle maggiori autorità mondiali sulla governance della rete, il saggio traccia le linee guida di una nuova politica informatica e tecnologica capace di ristabilire fiducia e sicurezza digitale aiutandoci a costruire una nuova realtà cyberfisica che torni a mettere al centro le persone.

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Internet ha già raggiunto il punto di non ritorno. Oggi ci sono più oggetti connessi digitalmente che persone. Questo fenomeno viene a volte chiamato “Internet delle cose” o “sistemi cyberfisici”, anche se queste fredde definizioni sminuiscono l’importanza di un mondo reale connesso attraverso sistemi digitali che inglobano i processi biologici, la moneta e i sistemi di trasporto, e non soltanto oggetti quotidiani come le macchinette del caffè smart. Già oggi sono misurabili nell’ordine dei miliardi, ma presto ci saranno più di 20 miliardi di oggetti connessi.

Chiunque abbia tablet, computer e smartphone capisce intuitivamente la sproporzione tra dispositivi e persone online, ma si tratta di un calcolo molto parziale. I manufatti online includono qualunque cosa: elettrodomestici di casa, serrature, sistemi d’allarme, sensori meteorologici, automobili, sensori dei sistemi energetici e sistemi di controllo industriale (ICS).

Come già avvenuto in occasione di altri cruciali cambiamenti tecnologici, le aspettative per questa diffusione materiale vanno dalle promesse di efficienza delle “smart city” e delle “smart home” ai moniti orwelliani che suonano la campana a morto dell’autonomia umana. Non c’è dubbio, l’aumentata connettività degli oggetti si tradurrà in nuove industrie in grado di creare prodotti connessi e integrati con chip, sensori, attuatori e identificazioni a radiofrequenza (RFID). Che qualcuno veda tutto ciò come una nuova tendenza o come la continuazione della crescita inarrestabile di Internet non ha alcuna importanza. Ciò che conta è che questo fenomeno avrà implicazioni significative per la crescita economica, i diritti dell’individuo, i modelli di business e la governance, e che oggi abbiamo l’opportunità di dare forma a questo futuro.

Nel gergo dei sistemi cyberfisici, le cose connesse sono oggetti del mondo reale che integrano direttamente elementi digitali.

Esse interagiscono simultaneamente con il mondo reale e con quello virtuale. Il loro scopo principale non è la comunicazione tra persone o l’accesso individuale alle notizie, alla cultura, ai dati aziendali e all’intrattenimento. Sono più orientate a mantenere i sistemi in funzione rilevando e analizzando i dati, e controllando autonomamente i dispositivi. Come i dispositivi per la comunicazione, anche questi oggetti si connettono tramite reti wireless o cablate. Nei settori aziendali si utilizzano termini come “smart grid” o “reti di sensori”. I legislatori hanno adottato termini come “smart health” e “smart city”. I produttori di elettronica di consumo invece definiscono tutto ciò come la “Internet of Things”.

In pratica, questi sistemi coinvolgono spesso reti di sensori che individuano dei cambiamenti contestuali nell’ambiente (sensori meteorologici) o un evento fisico (l’apertura di una porta, la consegna di un pezzo di ricambio in un sistema produttivo o un movimento). Già oggi milioni di sensori monitorano le condizioni ambientali, i sistemi industriali, i punti di controllo e il movimento degli oggetti. Questi sistemi inoltre fanno direttamente funzionare i dispositivi, per esempio mettendo in movimento un sistema meccanico o attivando l’interruttore della luce.

Gli stereotipi relativi alla Internet of Things si concentrano spesso sugli oggetti di consumo, per esempio gli elettrodomestici di casa e gli altri sistemi domestici, oppure sulle automobili o qualche altro oggetto personale. Al di là di questi oggetti quotidiani, gli ambienti cyberfisici funzionano anche tramite l’azione di istituzioni importanti come i governi locali o i settori industriali. Per esempio, le città gestiscono sistemi di controllo del traffico, utenze, semafori, app per il trasporto e altri sistemi connessi direttamente alla rete Internet pubblica oppure indirettamente, attraverso network proprietari con un gateway alla rete.

I sistemi cyberfisici, ovviamente, esistono anche nelle imponenti infrastrutture alla base dei settori industriali. I sensori connessi digitalmente forniscono alle aziende energetiche informazioni sulle risorse naturali. Le aziende produttrici usano net- work digitali per gestire la movimentazione dei materiali, l’ottimizzazione dell’inventario e il controllo dei sistemi robotici. Le compagnie di spedizioni usano i chip RFID integrati per tracciare pacchi e veicoli e ottimizzare le rotte per la consegna.

I sistemi digitali sono oggi sistemi di controllo delle cose e dei corpi del mondo reale. I sistemi biologici fanno parte dell’ambiente degli oggetti digitali. L’Internet delle cose è anche l’Internet del sé. Le “cose” dell’Internet delle cose comprendono anche i sistemi biologici delle persone, attraverso tecnologie indossabili, dispositivi di identificazione biometrica e sistemi di monitoraggio digitale medico per il controllo della temperatura, del battito cardiaco o del livello di glucosio nel sangue. Similmente, i sistemi per la diagnosi e il trattamento medico si basano su dispositivi connessi a Internet.

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La barriera tra fisico e non fisico collassa. I valori entrano in conflitto tra loro. Per esempio, una cybersicurezza forte è necessaria per proteggere la nazione e la privacy individuale, ma riguarda sempre di più anche il mondo fisico e il corpo umano, ponendo una serie di nuove questioni relative ai diritti. Una forte sicurezza informatica è necessaria per la privacy e per la protezione del consumatore, specialmente quando si tratta di dispositivi medici connessi, ma allo stesso tempo minaccia la privacy individuale, perché richiede la raccolta di identificativi biometrici.

L’autenticazione e l’identificazione umana vengono effettuate attraverso il riconoscimento facciale, vocale o dei movimenti, o attraverso la scansione dell’iride, delle impronte digitali e di altri identificativi umani unici. La Cina e altri paesi con un approccio autoritario nei confronti dell’Information Technology (IT) utilizzano questi sistemi biometrici all’interno dei programmi di controllo sociale.

Internet passa dall’essere presente nel campo cognitivo degli utenti a essere lo sfondo invisibile della vita quotidiana.

Gli oggetti connessi rilevano dati senza sosta e sono costantemente interattivi. Gli esseri umani non vivono più la connettività tramite uno schermo, ma attraverso oggetti d’uso quotidiano. Questa diffusione di Internet nel mondo materiale dice molto del modo fenomenologico in cui Internet si sta allontanando dalla vista umana mentre contemporaneamente si espande.

Lo “schermo” non è più l’arbitro di ciò che è online o offline. Del resto questa distinzione è sempre stata imprecisa, perché si può essere catturati online anche attraverso schermi appartenenti ad altri, come quando si viene taggati in un’immagine o ripresi sullo sfondo di un video di YouTube. Ciononostante, nell’era in cui la maggior parte dell’accesso era mediato da uno schermo – un computer, un telefono o un tablet – era chiaro quando qualcuno era “su Internet”. C’era una certa consapevolezza di sé e un certo arbitrio. L’allontanamento dagli schermi verso oggetti ambientali dissolve ulteriormente questa distinzione tra online e offline. Rende più complesso avere una consapevolezza individuale relativa alla raccolta dei nostri dati personali, perché questa si verifica più che altro dietro le quinte. La nostra esposizione online passa dall’essere momentanea, quando si interagisce con uno schermo, all’essere costante, attraverso oggetti ambientali. Con i network digitali, il coinvolgimento attivo diventa passivo.

Chi crede di “non lasciare un’impronta digitale”, per via delle scelte compiute sui social media, non prende in considerazione una realtà in cui le automobili moderne catturano ogni minuzia del nostro stile di guida, i telefoni registrano ogni nostro movimento, le carte fedeltà del supermercato raccolgono i dati relativi ai nostri consumi e le videocamere di sorveglianza installate nel quartiere in cui viviamo ci registrano mentre portiamo a spasso il cane. Queste tecnologie ambientali apportano enormi benefici sociali in termini di comodità e sicurezza, ma la possibilità di scegliere si fa più complicata. Un tempo, prendere in mano un dispositivo con uno schermo – come il pc portatile o il telefono – significava decidere quando e come essere online, anche se questa scelta nascondeva strutture di potere nascoste che influenzavano i diritti degli individui. Oggi la scelta non ha più le stesse sembianze.

Le sfere ibride online-offline penetrano nel corpo, nella mente, negli oggetti e nei sistemi che collettivamente compongono il mondo materiale.

Internet non ha più solo a che fare con le comunicazioni e non è nemmeno più un semplice spazio virtuale. La concezione aprioristica della rete come un sistema di comunicazione tra le persone dev’essere superata.

L’impennata di sistemi che integrano simultaneamente componenti digitali e del mondo reale crea condizioni che mettono profondamente in discussione le nozioni tradizionali della governance di Internet. Non ha più senso vedere gli spazi online e offline come sfere distinte, tecnicamente o politicamente, all’interno di un mondo virtuale separato in qualche modo dal mondo reale. Online e offline sono intrecciati.

Laura DeNardis

Laura DeNardis è considerata una delle più autorevoli voci internazionali sul tema della governance di Internet. È professoressa alla American University di Washington, D.C.