Ci troviamo di fronte – e anche, sempre di più, all’interno – della guerra di Putin in Ucraina. Estensione non lineare di una linea di frattura, davanti a noi, in noi. Lo sentiamo in modo sempre più chiaro. La brutalità del nemico, l’intensità della morte si precipitano nel cuore tecnico delle nostre amministrazioni, delle nostre istituzioni. Le nostre società, i nostri dibattiti pubblici, i nostri immaginari sono sovrastati da un volto inquietante che ci pone di fronte a un enigma. Lo sappiamo ormai: siamo entrati in una nuova fase. Eppure, quella nuova ancora non si è chiaramente manifestata. In quell’interstizio tra il vecchio e il nuovo, ecco che si annidano tutte le potenzialità di un mutamento epocale, cataclismatico.
Un nuovo mondo emerge
Tra la pandemia (prima) e l’esplosione delle rivalità geopolitiche (ora), un ordine è crollato. Dal lento muoversi delle placche tettoniche, un nuovo mondo emerge, senza che si possa ancora definire la sua forma. Viviamo in un’epoca che si esaurisce e fugge, ma che fatica a cambiare: “la famosa accelerazione della storia di cui si sente tanto parlare, avete notato che quanto più la storia accelera, tanto meno avanza?”. Nell’epoca del disordine, fare un passo indietro è una impasse, e la riflessione è un compito da rinnovare continuamente, senza appigli in uno spazio senza coordinate. Stiamo camminando sul posto oppure stiamo cadendo? Ci troviamo, insomma, in un vero e proprio interregno: un intervallo di tempo fra la morte, l’abdicazione, la deposizione di un re, o di un altro sovrano, e l’elezione o la proclamazione del successore. Un periodo di vacanza, di passaggio, di transizione, di crisi. L’interruzione di durata variabile. Sono le tendenze di un mondo in profonda ristrutturazione, che però non siamo in grado di descrivere, trasformare o fermare. Le cose si possono descrivere chiaramente solamente dopo che un processo di trasformazione è ormai ultimato. Nel frattempo bisogna viverle con senso critico. Bisogna navigare nell’interregno: questo programma – questo proposito – che può sembrare vasto o troppo ambizioso, non è per nulla astratto. Le pagine che leggerete sono una traccia concreta e visibile di un metodo preciso, il prodotto di uno sforzo di concentrazione. È la sedimentazione, la contrazione in un unico volume, del largo dibattito portato avanti dal laboratorio del Grand Continent.
“Il Grand Continent continua l’avventura
delle grandi riviste intellettuali
del XX secolo.”(Le Monde)
“Strategia, politica, geopolitica…
Il Grand Continent è una delle principali
piattaforme per il dibattito europeo.”(la Repubblica)