Proponiamo un estratto del volume L’illusione della scelta di Leonardo Morlino e Michele Sorice. Coniugando l’approccio sociologico a quelli provenienti dalla scienza politica e quelli più tradizionalmente ancorati ai media studies, il saggio offre una riflessione teorica sul rapporto tra manipolazione, influenza e costruzione del consenso elettorale, sostenuta da un’ampia ricerca empirica condotta sui principali quotidiani nazionali, su Facebook e sulla comunicazione dei leader politici dei partiti più rappresentativi.

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Come si influenza l’opinione pubblica? Ovvero come la si manipola inducendo ad avere e consolidare opinioni che poi si traducano in conseguenti comportamenti di voto o in atteggiamenti politici favorevoli a un leader e un partito invece che a un altro leader, o ancora favorevoli a certe politiche invece che ad altre? Come si intende subito, la domanda è composita e necessita sia di una messa a punto concettuale sia di alcune specificazioni iniziali.

Innanzi tutto, perché questo quesito è oggi più rilevante per le democrazie contemporanee rispetto a qualche decennio fa? In secondo luogo, c’è differenza tra influenza e manipolazione? Se sì, quale? Terzo, esistono diverse forme di influenza e manipolazione specifiche a livello politico? Quarto, come studiarle ed evidenziarle nei diversi ambiti comunicativi? Tenendo presente soprattutto il caso italiano, quali sono i meccanismi prevalenti che possiamo rilevare in questi diversi ambiti?

Rilevanza nelle democrazie contemporanee

Nelle democrazie contemporanee questa è diventata una domanda politicamente più rilevante rispetto ad anni addietro per diverse ragioni. Come mai?

In breve, da una parte, gli ancoraggi simbolici si sono allentati o sono scomparsi. Dall’altra, i mezzi e le opportunità di influenzare l’opinione sono aumentati. Ovvero ci sono cittadini più mobilitabili che possono essere raggiunti da nuovi messaggi.

Avendo in mente il caso italiano, per mantenere un livello empiricamente pregnante senza eccesso di astrazione, per decenni la democrazia e la continuità degli atteggiamenti e comportamenti politici si sono basati sull’intreccio di diverse ancore: il ricordo della guerra e dell’esperienza fascista, le persistenti ideologie, l’attività continua delle organizzazioni partitiche, le pratiche clientelari diffuse in diverse aree del Paese, la paura del comunismo che bloccava il voto moderato, il legame tra partiti di governo o di opposizione e gli interessi sia industriali sia sindacali.

In altre democrazie i mix di ancoraggio erano diversi (si veda Morlino, 1998 e 2008) e, più in generale, le trasformazioni politiche sono state anche il risultato di trasformazioni industriali ed economiche, ma anche culturali, evidenti specie quando si pensa ai processi di secolarizzazione dei decenni passati con la religione non più al centro della formazione delle opinioni politiche, pur non essendo del tutto scomparsa. Così, diversi autori sono giunti a etichettare la nuova realtà politica come postdemocrazia (si vedano, ad esempio, tra gli altri, Crouch, 2000 e Keane, 2009). In realtà, come è avvenuto per decenni per questo regime politico, la liberaldemocrazia di massa si è solo adattata ai nuovi tempi.

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Negli ultimi tre decenni ovvero almeno dal 1990 in poi, altri fenomeni hanno contribuito ad aumentare incertezze e uno scontento diffuso che chiedeva cambiamenti. A livello internazionale dopo la fine dalla Guerra Fredda e la caduta del muro di Berlino (8 novembre 1989), a un decennio circa di egemonia internazionale statunitense ha fatto seguito il multipolarismo dei primi due decenni del nuovo secolo con la persistente tendenza degli USA a mettere da parte il ruolo di gendarme del mondo, perché troppo costoso e considerato non remunerativo per la propria opinione pubblica interna. Ma il multipolarismo con un ruolo forte di Cina e Russia ha reso tutto il quadro internazionale più incerto e in certe aree e momenti più fluido.

Dal 2008 si è aggiunta una profonda e protratta crisi economica in Europa a cui ha fatto seguito una stagnazione altrettanto lunga, specie in alcuni Paesi del Sud Europa. La crisi economica si è intrecciata con quella dell’immigrazione già in corso da alcuni anni, che ha anche cambiato la composizione etnica soprattutto dei Paesi più piccoli.

In breve, a trasformazioni sociali ed economiche di fondo che hanno avuto un forte impatto sulle democrazie all’interno dei Paesi si sono aggiunte tre crisi una dopo l’altra, concentrate negli ultimi due decenni, quella internazionale, l’economica, e quella sociale dovuta all’immigrazione.

In questi anni, inoltre, diversi progressi tecnologici hanno trasformato anche il modo in cui si forma l’opinione pubblica. Prima di tutto, alla stampa si è aggiunta la televisione con il suo enorme impatto politico, non solo comunicativo con Sartori (1997) che vede la trasformazione dell’homo sapiens in homo videns, e la cui critica va anche al di là della formazione dell’opinione pubblica. E in ogni caso siamo molto oltre il ruolo della stampa che era al centro della riflessione di Lippmann (1922 e 1999) sul tema.

In realtà, l’impatto della televisione viene fatto simbolicamente risalire al dibattito tra Kennedy e Nixon (1960), a seguito del quale il primo, giovane e telegenico, vinse le elezioni presidenziali statunitensi. Per l’Italia basta pensare ai legami tra Berlusconi e Craxi, segretario del PSI, che aveva perfettamente intuito il potere della televisione e il successo di Berlusconi qualche anno dopo.

Il senso dell’impatto del progresso tecnologico sulla politica non si comprende se, anche senza aderire completamente alle tesi di Zuboff (2019) sul capitalismo della sorveglianza, non ne cogliamo alcuni aspetti innovativi di fondo. Le innovazioni derivanti dalla penetrazione dell’intelligenza artificiale nella nostra vita quotidiana vanno tutti nella stessa direzione: l’acquisizione della capacità di conoscere e anticipare i comportamenti collettivi dei cittadini delle democrazie sviluppate in cui viviamo. Più precisamente, partendo dalla possibilità di conoscere in dettaglio sia le abitudini di vita sia gli atteggiamenti e i sentimenti di milioni persone possiamo anticiparne i comportamenti prevedibili.

Il ciclo del capitalismo della sorveglianza che porta alla modifica del comportamento è caratterizzato, secondo Zuboff (ivi, p. 369), da diverse operazioni: “Estrazione e renderizzazione ubique, attivazione (tuning, herding, condizionamento), catene di rifornimento del surplus comportamentale, processi industriali basati sull’intelligenza delle macchine, fabbricazione di prodotti predittivi, mercati dinamici dei comportamenti futuri, e targettizzazione”. Se adeguatamente sfruttate, come ormai si è fatto in alcune campagne elettorali,2 specie le conoscenze delle attese comportamentali sono la base indispensabile per realizzare un’efficace, diffusa, penetrante influenza dell’opinione pubblica in quanto possono indirizzare, guidare e porre le basi del successo delle strategie di un leader partitico, sempre usando gli stessi canali di comunicazione da cui quelle stesse informazioni vengono.

Quindi, vale sottolinearlo, da una parte, oltre alle prolungate crisi internazionale, economica e sociale, la perdita di memoria e di ancoraggi ha reso i cittadini più incerti e disponibili a cambiare atteggiamenti e comportamenti politici. In questa diversa situazione irrompono le nuove tecnologie che con le caratteristiche appena indicate hanno messo a disposizione delle enormi, spesso nascoste o trascurate opportunità di influenzare una pubblica opinione, che era già frammentata, divisa, incerta, confusa per tutto quello che è successo in questi decenni. Come sono state giocate effettivamente queste opportunità dagli attori politici?

La specificità del politico

Ci stiamo ponendo, quindi, una domanda peculiarmente politica con una sua specificità. L’ampio e importante campo degli studi, sociologici e non sulla comunicazione qui è solo indirettamente rilevante. La domanda che ci interessa è una declinazione più specifica del più classico quesito di chi si occupa di politica e che riguarda il potere.

Nella semplice formula di Dahl (vedi, ad esempio, 1957), con tutti i limiti di operazionalizzazione empirica, di cui lo stesso Dahl e molti altri autori dopo di lui sono ben consapevoli, si tratta di capire come induciamo B a seguire la volontà di A nel suo comportamento.

In questa prospettiva l’unità di riferimento nei cui confronti viene espresso il potere può essere – e lo è molto frequentemente – un individuo o un gruppo.

Ragionare su come ottenere il risultato voluto significa, innanzi tutto, considerare dove si può intervenire per indurre gli atteggiamenti o i comportamenti voluti. Ma il quesito politico è molto preciso per la formazione dell’opinione pubblica e si articola almeno su tre strategie: rispetto a comportamenti politici (essenzialmente, il voto) e ad atteggiamenti politici (essenzialmente, l’essere favorevole a e sostenere un attore politico, leader o partito), (a) come si confermano nei loro comportamenti e atteggiamenti quelli che hanno già votato o sono stati sostenitori di un leader o partito (conferma), ovvero (b) come si attivano gli incerti che in passato avevano votato e sostenuto un leader (attivazione), o ancora (c) come si induce a cambiare voto o atteggiamento politico, anche su temi specifici, quelli che sono distanti da un certo leader o partito (spostamento).

Alla fine, il tema è quello del mantenimento e conquista di pubblici. La formazione dell’opinione pubblica, vista in chiave empiricamente rilevante, sui temi politici si può ridurre a queste tre dimensioni e alle strategie e i meccanismi connessi.

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Da L’illusione della scelta di Leonardo Morlino e Michele Sorice. In alto, foto di Element5 Digital on Unsplash

Leonardo Morlino

Leonardo Morlino

Leonardo Morlino è Professore Emerito di Scienza Politica e Presidente dell’International Research Centre on Democracies and Democratizations (ICEDD) alla Luiss. È autore, tra gli altri, di Crisis on South European Democracies, con F. Raniolo (Palgrave, 2017, trad. it. 2018), Political Science, con B. Badie e D. Berg-Schlosser (Sage Publications, 2017, trad. it. 2018), Comparison. A Methodological Introduction for the Social Sciences (Barbara Budrich Publishers, 2018, trad. it. 2020), Equality, Freedom and Democracy. Europe After the Great Recession (Oxford UP, 2020, trad. it. 2021).