È proprio nel limite, in ciò che sfugge alla norma, che si producono le più meravigliose creazioni, come si legge nell’editoriale a cura di Daniele Rosa al nuovo numero che vogliamo presentarvi. E l’ibrido, la chimera, è proprio una creatura del limite, che sta perennemente sulla soglia. Non questo, non quello – allora cosa? Un’altra cosa, più strana, più bella. Questo nuovo numero de La Meraviglia del Possibile è tutta dedicata al concetto di mostro, ibrido, di prodigio, nel senso di una creatura che sfida continuamente e costantemente i limiti del pensiero normalizzato e convenzionalmente accettato. Eppure, il mostro è un qualcosa che quotidianamente fa parte della nostra vita, un essere che attende, che è perennemente in agguato – come Pazuzu, il demone mesopotamico – e che è pronto a stravolgere la linearità del nostro mondo. Il mostro inquieta (unheimlich) proprio questo questo, dal momento che fa la sua irruzione improvvisa, ‘mostrandosi’, quando sarebbe bene che rimanesse celato, nascosto.
Demoni, mostri e altri prodigi: mitologia del limite
Cosa c’è di più strano del nostro rapporto con le nostre creazioni? È qui che si collocano diversi saggi, che ci chiedono, per esempio, se dovremmo rapportarci all’IA come genitori con un bambino prodigio, o, ancora, se la tecnologia non sia che uno specchio, un amplificatore che ci ammonisce e ci accusa delle nostre profonde paure. L’indistinzione segue anche il filo della specie, che non separa solo umano e non umano – il mostro non è solo l’altro, il mostro a volte siamo noi. E così seguiremo grazie a un’archeologia letteraria ciò che ha fatto sì che fra diverse specie di homines ne rimanesse solo una. Avanzando di poco, cronologicamente, evocheremo il demone sumero Pazuzu – dalla sua funzione mitologica alla sua duratura possessione della cultura pop contemporanea. E ancora, il limes di tutto ciò che è altro, affrontando ciò che vuol dire mostro o prodigio, per una cultura che purtroppo viene spesso neutralizzata da questi stessi attributi. Dalla mitologia ai movimenti queer seguiremo la meravigliosa faglia di indistinzione nella cultura islamica, o, altrove, in altri saggi, le implicazioni sociologiche dell’ibridazione e alla mostruosità ambivalente degli Stati sovrani. In breve queste pagine, questa argilla, sono tutto ciò che speravo che fossero: qualcosa di diverso, qualcosa di strano, e quindi più bello. L’alchimia prodigiosa di un’argilla che vuole diventare testo, e un testo che vuole diventare argilla.
(Parole di argilla, Editoriale di Daniele Rosa)
Il mostro, insomma, è roba quotidiana, dalla storia per bambini fino alla cronaca nera che leggiamo tutti i giorni sui quotidiani. Ma c’è qualcosa di più. Ancora una volta il linguaggio ci viene in aiuto, soprattutto l’etimologia, intesa quale magazzino perpetuo del sapere umano: il monstrum latino, infatti, è anche il prodigio, quindi non è solo una bizzarra creatura portentosa, spesso considerata malevola verso gli uomini, ma in genere la sua manifestazione è considerata soprannaturale. Un esempio concreto: nel III libro dell’Eneide Virgilio impiega la parola monstrum per riferirsi a Polifemo, ma anche per indicare la pianta cresciuta sopra il cadavere insepolto di Polidoro. Ma andiamo più a fondo, e lasciamo un’altra suggestione: il termine monstrum, a sua volta, deriva dal verbo monere, un lessema che indica l’azione dell’ammonimento, del monito. Il mostro è anche un segno che dice qualcosa, che tendenzialmente porta un messaggio, un avvertimento. Che sia bestia feroce, esotica, antica, o che sia un prodigio intenso quale irruzione, è certamente espressione di un significato, di un messaggio sovrannaturale che apre verso un’altra dimensione del possibile. L’innaturale che si accompagna facilmente con l’orrendo.