Viviamo tempi memorabili, tempi eccitanti di cambiamento, eppure anche tempi di caos e di paura. Siamo preoccupati per la salute del pianeta e avvertiamo – in varie parti del globo – venti di tensione geopolitica ridurre la stabilità della pace. Il momento è straordinario, certo, e per questo dobbiamo comprendere sempre meglio la realtà intorno a noi. Se le cose cambiano intorno, vuol dire che noi stiamo cambiando. Vuol dire che siamo gli attori di questa trasformazione. Ok, ma ci sono molti altri temi, forse più nascosti, meno visibili, che contribuiscono a renderci insicuri e incerti sul nostro futuro. Noi abbiamo il potere di contrastarli. E di questo voglio parlare in questo contributo.

Il passato corre verso l’oblio

Posso dirvi cosa mi preoccupa molto, insieme all’attualità geopolitica e al cambiamento climatico? La sensazione che lasciamo andare il passato veloce verso l’oblio. Sembra che solo l’oggi sia importante. Portiamo con noi frammenti di storia e di memoria sempre più sfuggenti. E non sappiamo più collegare questi bits fra di loro fino vedere il percorso che dal nostro passato ci porta al nostro presente. Se avvertiamo un sentimento di incertezza e di smarrimento forse dipende anche da una forma di sospensione del tempo che viviamo. Da troppo tempo maltrattiamo il nostro presente, rendendo fragile il ponte tra passato e futuro. Presi dalla attività quotidiana, perdiamo di vista cos’è davvero importante. E questo non aiuta a prendere le migliori decisioni – quando occorre farlo. Serve un profondo senso della storia per capire dove siamo e dove vogliamo andare. Invece sembriamo (o siamo) senza una direzione, senza una strategia. Questo agita le i nostri sogni e le nostre notti e forse anche i nostri giorni. È una delle cause della nostra ansia.

Vivere un eterno presente

Si perché uno dei gap più potenti della tecnologia è di rendere il tempo un eterno presente. Questa condizione porta con sé un’idea distorta e consolatoria. È tipica di quasi tutti gli inganni, in quanto tutto sembra presente, tutto alla nostra portata. Nell’assenza di un’idea di futuro, l’eterno presente rende vana la critica del presente stesso. E non permette di sprigionare il nostro potere, quello che consente di costruire il futuro, di affrontare, più sicuri le avversità. Il tempo unico, per definizione, non ha alternative. Cancella l’idea stessa di libertà. Libertà dal dominio del già noto. Mentre il sapere è lo strumento che muove la ricerca e allarga l’orizzonte. È per questo che studiamo, che ci informiamo, che discutiamo con gli altri. Per fare questo è necessario però uscire dal labirinto della disattenzione costante. Condividiamo la Terra con altri 8 miliardi di umani. 5 miliardi di umani sono collegati fra loro dalla tecnologia, web, digitale, devices ci danno l’idea, forse l’illusione, di connessione permanente. Ma per prima cosa ci sono circa 3 miliardi di essere umani che sono disconnessi e vivono altre esclusioni, più importanti. Una parte consistente di loro è alle prese con fame, povertà, malattie e guerre – diffuse o locali. Riusciamo a vedere tutto questo o vediamo solo i restanti 5 miliardi connessi? Va detto che anche fra questi apparenti privilegiati ci sono enormi differenze sociali, culturali, economiche. Siamo connessi, quindi collegati a una realtà separata e parallela. Abitiamo la più grande piazza della storia dell’umanità. Una Babilonia in cui molti parlano e pochi riescono a cogliere solo brani di conversazione senza possibilità di approfondire quanto ricevono dalla rete. Il mondo digitale che abitiamo fa parte di una famiglia rumorosa ma non sempre in grado di fornire strumenti utili alla piena comprensione delle cose.

Tempi memoraibli - Emanuele Bevilacqua

Coltivare l’attenzione per il nostro futuro

Veniamo alla vostra generazione. Sappiamo che, nelle economie mature, la popolazione tende a invecchiare. Abbiamo così la sensazione che ci siano sempre meno giovani in giro. Ma non è così se guardiamo all’intero globo. Nel mondo non ci sono mai stati tanto giovani come ora. Siete il domani perché siete giovani e molto per voi deve ancora essere costruito. Siete anche una moltitudine. Circa 2 miliardi e mezzo. Quasi un terzo degli umani. E presto, molto presto, il mondo sarà vostro. Perché il futuro possa essere davvero vostro occorre perciò affinare un paio di qualità che noi umani possediamo naturalmente e che però stiamo usando sempre meno. La prima qualità necessaria è una bella dose di attenzione. Si l’attenzione. Ho dedicato molto tempo all’analisi dell’attenzione nell’era del digitale. È dall’attenzione che passa la capacità di prendere decisioni corrette, di selezionare e comprendere quanto accade intorno. Di avere empatia nei confronti del resto del mondo. L’attenzione ha anche un valore economico notevole, che può essere di grande aiuto per chi intende produrre contenuti di qualità: in tutti i campi dall’arte alla letteratura, ai media, alla comunicazione. E tutti noi vogliamo scrivere, creare, produrre cose belle. Alcuni mogul internazionali hanno un’enorme capacità di influenzare le nostre decisioni, pensiamo ai grandi player tecnologici. Tutti noi usiamo tutti i giorni le loro applicazioni. Abbiamo posto al centro l’attenzione, perché a noi serve uno strumento di navigazione per orientarci. Quanto mai necessario oggi, quando gli stimoli e le notifiche sono tantissimi e la qualità dell’informazione che ci raggiunge è spesso più difficile da valutare. E non sempre di qualità. L’attenzione permette, se usata, di riconoscere e relazionarci con le varie forme di poteri – vecchi e nuovi – che nascono e muoiono di continuo. Poteri un tempo facili da identificare e oggi più diffusi e fluidi. Spesso le persone più grandi, i professori, i genitori, tendono a dare eccessiva responsabilità ai nostri device – ai social media – per la perdita di concentrazione e difficoltà nello studio.

Attenzione e tecnologia

Eppure la soluzione non è quella di evitare l’uso della tecnologia, ma saper usare la nostra attenzione anche con il digitale. “La qualità della nostra attenzione altera il mondo: siamo letteralmente coinvolti nella creazione”. Lo afferma Iain McGilchrist, uno dei più importanti studiosi nel campo della neuropsichiatria e della filosofia. McGilchrist ha offerto uno sguardo approfondito e nuovo sulle funzioni distintive dei due emisferi cerebrali: destro e sinistro. Il suo lavoro spiega molte cose nel rapporto fra attenzione e tecnologia. Nel suo libro The Master and His Emissary: The Divided Brain and the Making of the Western World, McGilchrist sostiene che l’emisfero sinistro si focalizza sull’elaborazione dettagliata delle informazioni e sull’analisi logica. In contrasto, l’emisfero destro gestisce le rappresentazioni simboliche e la comprensione del contesto. Tuttavia, per una piena comprensione e azione, è fondamentale che i due emisferi collaborino, senza che uno domini sull’altro. Secondo McGilchrist, la cultura occidentale ha stimolato troppo l’emisfero sinistro, diminuendo così la nostra capacità di intuire e percepire aspetti simbolici e comprendere meglio il quadro generale delle cose. Questa inclinazione ha contribuito a una polarizzazione politica crescente e a una visione del mondo limitata. L’aumentata dipendenza dalla tecnologia ha acuito questa discrepanza. Ecco che per far riprendere la conversazione e la corretta collaborazione fra i due emisferi del nostro cervello, è necessario riconsiderare l’educazione, la cultura e scegliere un approccio più morbido della tecnologia, non demonizzarla.

Valorizzare la logica e la creatività

Dobbiamo valorizzare sia la logica, sia la creatività, abbracciando l’intuizione ma anche la sensibilità. McGilchrist paragona la relazione tra gli emisferi a quella tra un padrone e un emissario. Mentre l’emisfero sinistro analizza in dettaglio, rappresentando il mondo come entità separate, l’emisfero destro percepisce il contesto e comprende le relazioni. La qualità della nostra attenzione è cruciale in questo equilibrio. Se si inclina troppo verso un lato, si perdono alcune capacità, mentre se inclina verso l’altro, si possono sottovalutare altri aspetti come la chiarezza e la capacità di analisi. La qualità della nostra attenzione è più che mai fondamentale. Piattaforme come i social media sono progettate per catturare la nostra concentrazione, ma spesso lo fanno in modo frammentario e non aiutano certo a contestualizzare i concetti. Dunque è bene sorvegliare gli effetti che la tecnologia ha su di noi umani, in particolare sulla perdita di attenzione, perché la sfida è lì: non rinunciare alle nostre abilità essenziali, ma nemmeno agli effetti benefici dell’innovazione tecnologica. Sembra un equilibrio facile da trovare, ma non lo è. Guardare solo ai rischi della tecnologia è un errore di prospettiva che rischiamo di pagare caro. È necessario al tempo stesso agire da subito per dare valore alle enormi potenzialità che il nostro cervello è in grado di esprimere. Dobbiamo difendere le nostre capacità di apprendimento. Ok?

Tempi memorabili - Emanuele Bevilacqua

Breve storia di un successo editoriale

All’inizio ho accennato a due strumenti che dobbiamo imparare a usare uno è certamente l’attenzione. Ma qual è l’altro? L’altro riguarda le nostre passioni. Qui non abbiamo una neuroscienza delle passioni. E quindi me la caverò raccontando una breve storia che riguarda quattro ragazze e ragazzi italiani. Intorno ai 24/25 anni di età, hanno inventato un giornale perché in giro non trovavano nulla da leggere che fosse interessante per loro. Il magazine è un settimanale che da 30 anni viene pubblicato con grande successo in Italia e si chiama Internazionale. Come è nato il magazine? Questi ragazzi pensano che il giornale adatto a loro debba parlare dei fatti del mondo e farlo in modo chiaro, ma anche completo. Chi è in grado di scrivere un giornale così? Nessuno naturalmente. Quindi l’unica soluzione possibile era quella di scegliere dai giornali di tutto il mondo gli articoli che i ragazzi avrebbero voluto leggere, pagare una royalty all’editore che pubblica gli articoli originali e poi tradurre tutto in italiano. Così nasce Internazionale, dalla passione e dall’entusiasmo per il giornalismo di qualità di quattro esordienti. Il risultato? Un disastro economico e vendite scarse. Dopo i primi sei mesi il giornale andava chiuso, perché non funzionare quasi nulla e i debiti si accumulavano. Io li ho incontrati in quel momento e abbiamo lavorato insieme per qualche mese. I lettori erano pochi, ma fedeli. Se hai lettori fedeli puoi costruire quello che vuoi e lo abbiamo fatto. Tuttavia non è tanto importante come abbiamo fatto a trasformare un fallimento in una vittoria, questo riguarda alcuni aspetti tecnici dell’editoria che oggi non serve sapere. Le regole sono cambiate tante volte nel corso degli ultimi anni, oggi servono altri strumenti, ma sempre l’attenzione e la passione. Quello che è utile sapere è l’atteggiamento di quei ragazzi di allora. Quando era chiaro che ce l’avremmo fatta a restare sul mercato e che si cresceva molto bene, erano molto felici. E mi dissero: “Se non ce l’avessimo fatta sarebbe stata comunque una bella avventura e una grande esperienza. E saremmo andati a inventarci qualcosa di nuovo comunque”. Se passate dalle parti della Stazione Termini a Roma, troverete la redazione di Internazionale. Io ho lavorato per 25 anni con loro – fino a pochi anni fa – e ogni volta che passo da quelle parti guardo le finestre sulla piazza, sorrido e penso a quei giorni lontani. Penso a tutti i ragazzi che negli ultimi 30 anni sono andati a lavorare lì o che sono passati di là e poi sono andati a costruire il loro sogno altrove. Immaginare, creare, generare è questo che rende noi umani liberi.

 

Testo tratto dall’intervento di Emanuele Bevilacqua, autore di ”Attenzione e potere”, al Global Citizens Model UN presso la sede delle Nazioni Unite a New York. Bevilacqua ha parlato a un pubblico di circa 2.000 persone, per lo più giovani con professori e delegati dai cinque continenti.

 

Attenzione e potere

Emanuele Bevilacqua

Emanuele Bevilacqua

Si occupa di gestione dei media e delle imprese culturali. È stato AD di Internazionale, di EPC (gruppo L’Espresso, Micromega, Limes) e di Colors Communications di Benetton Group. Curatore di opere per Stile Libero Einaudi, Giunti e Fortune, è autore di Battuti e beati, Beat e Be Bop, Il labirinto dell’attenzione. Insegna Digital Publishing presso l’Università della Svizzera Italiana.